Spesso “I fratelli Karamazov” è menzionato come il capolavoro per eccellenza tra le opere di Fyodor Dostoevsky, ma non sono molte le pagine dedicate alle citazioni. Per me è stato un’ascolto (il primo approccio, in effetti, è stato su audible) particolare. Ho impiegato tre mesi per le prime due parti, una settimana per le ultime due. Questo per dire quanto riesca a diventare avvincente lettur facendo. Un romanzo sulla fede e sull’ateismo, sulla passione e sull’amore, sulla gioia e sulla sofferenza, sulla giustizia e l’ingiustizia. I fratelli Karamazov è l’opera più complessa di Dostoevskij, rappresentativa delle sue ricerche, riflessioni, convinzioni e contraddizioni. Una scorsa tra le citazioni può darne una idea a chi si appresta alla lettura, e aiutare la memoria di chi lo ha letto e amato. Come per tutti gli audiolibri che inizio ad ascoltare, alla fine ho acquistato il testo, e ho ripreso tutti i passaggi che avevo registrato tra i segnalibri digitali.
Riporto alcune tra le citazioni più belle.
Se lo desiderate potete dare un’occhiata anche alle citazioni da “Delitto e castigo“
Indice
FYODOR DOSTOEVSKY, “I FRATELLI KARAMAZOV“, CITAZIONI DALLE EDIZIONI GARZANTI 1999, E MONDADORI 1994
Ricorrere alla forza dell’amore
Ricorrere alla forza o all’umile amore
Soprattutto vedendo il peccato degli uomini, e ci si domanda: “Bisogna ricorrere alla forza o all’umile amore?” Decidi sempre per l’umile amore. Se deciderai per quello una volta per tutte, potrai conquistare il mondo intero. L’umiltà amorevole è una forza terribile, la più potente di tutte, non c’è niente che le stia alla pari.
I fratelli Karamazov, da Garzanti, libro vi p. 442
Osserva te stesso
Ogni giorno e ogni ora, ogni minuto osserva te stesso e bada che la tua immagine sia splendida. Ti potrebbe capitare di passare accanto a un bambino pieno di stizza e pronunciando brutte parole, con l’anima irosa; tu potresti anche non aver notato quel bambino, ma egli ha visto te, e la tua immagine cattiva e ignobile potrebbe imprimersi nel suo cuoricino indifeso. Tu non lo sai, ma potresti aver seminato un seme cattivo in lui e quel seme potrebbe crescere, e tutto perché non sei stato cauto in presenza dei bambini, perché non hai nutrito in te stesso l’amore vigile, attivo.
I fratelli Karamazov, da Garzanti, libro vi p. 443
Mentire
Colui che mente a se stesso, e dà ascolto alla sua propria menzogna, arriva al punto che più nulla di vero riesce a distinguere né in sé né intorno a sé, e quindi finisce a non stimare né se stesso né gli altri.
Non stimando nessuno, cessa di amare, e per trovare, così privo di amore, qualcosa che lo interessi e lo distragga, s’abbandona alle passioni e ai grossolani piaceri, e scende nei suoi vizi addirittura al livello dei bruti: tutto questo per l’incessante mentire che fa al prossimo e a se stesso. E colui che mente a se stesso è certo il più suscettibile d’offendersi.
Si sa, offendersi è a volte molto piacevole, non è vero?
Ed ecco che sa bene, il nostro uomo, che nessuno lo ha offeso, che è stato lui stesso a immaginarsi l’offesa, a mentire per farsene bello, sa che lui stesso ha calcato le tinte per comporne un quadro, ha spaccato in quattro ogni parola e d’un fuscello ha fatto una montagna: sa bene anche lui tutto questo, eppure è pronto più d’ogni altro ad offendersi, pronto ad offendersi fino a pigliarci gusto, fino a provarci un piacere intenso, e in questo modo perviene addirittura al vero e proprio rancore. Chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie menzogne, arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994, libro II, cap. II, p. 62
L’amore
- L’amore astratto brama gesta immediate, edificanti, perché tutti lo notino. Si giunge effettivamente anche al punto di sacrificare la vita purché non vada troppo per le lunghe e si concluda al più presto, come sulla scena, così che tutti vedano e plaudano. L’amore attivo è fatica e perseveranza.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994,Starets Zosìma: libro II, cap. IV, p. 82
- Giacché si deve amare non per un istante, fortuitamente, ma sino alla fine. Di amare fortuitamente tutti sono capaci: anche i malvagi. Il mio giovane fratello chiedeva perdono agli uccellini; può apparire assurdo, ma è giusto, perché tutto è come l’oceano, tutto scorre e s’incontra: tocchi in un punto e il tuo gesto si ripercuote agli antipodi della Terra.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994, Starets Zosima: libro II, cap. III, 1994, p. 444
- Padri e maestri, mi chiedo: “Che cos’è l’inferno?”. Ed è così che lo definisco: “La sofferenza di non poter più amare”.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994,Starets Zosima: libro VI, cap. III, 1994, p. 448
- Con te anche al patibolo!” E cosa le ho dato io, io, misero, nudo; perché un simile amore per me? Lo valgo io, goffa, indecente creatura che sono? E con la faccia indecente che ho, lo valgo io un amore tale da farla venire con me ai lavori forzati? Si è gettata ai vostri piedi per me, poco fa, orgogliosa com’è e di nulla colpevole! Come potrei non adorarla, non gridare, non gettarmi verso di lei, come poco fa? O signori, perdonate! Adesso però, adesso sono consolato!” Ed egli cadde sulla sedia e, copertosi il volto con entrambe le mani, si mise a singhiozzare
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994 Mítja: libro IX, cap. V, 1994, pp. 644-645
Il non amore
- Ma sappiate, Katerìna Ivànovna, che davvero amate solo lui. E più vi offenderà, più lo amerete. E questo è appunto il vostro strazio. Voi l’amate proprio così com’è, l’amate perché vi offende. Se si ravvedesse, subito l’abbandonereste e smettereste di amarlo. Ma lui vi è necessario per poter contemplare continuamente il vostro eroico atto di fedeltà e rinfacciare a lui la sua infedeltà. E tutto ciò per orgoglio. Oh, vi svilite, vi fate umiliare, ma sempre per orgoglio… Sono troppo giovane e vi ho amato troppo.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994 Ivàn: libro IV, cap. V, 1994, p. 268
- È appunto chi ti sta vicino che, secondo me, è impossibile amare; chi è lontano forse sì. […] Per amare un uomo occorre che questi si celi alla nostra vista: non appena mostra il suo viso l’amore svanisce.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994, Ivàn: libro V, cap. IV, 1994, p. 328
- Si ha voglia di vivere, e io vivo, anche a dispetto della logica. Posso magari non credere nell’ordine delle cose, ma le foglioline vischiose che spuntano a primavera mi sono care, mi è caro il cielo azzurro e mi sono care certe persone, che a volte – lo crederesti? – non si sa neppure perché si amino, e mi sono care certe conquiste umane, nelle quali, forse, ho smesso di credere da un pezzo. (Ivàn: libro V, cap. III, 1994, p. 319)
Ivan, sul dolore innocente
- E figurati un po’ che, in definitiva, questo mondo di Dio io non l’accetto, e pur sapendo che esiste, non lo ammetto affatto. Non è che non accetti Dio, intendimi: è il mondo creato da Dio che non accetto e che non posso rassegnarmi ad accettare.
- Mi spiego: sono convinto allo stesso modo di un bimbo che le sofferenze saranno sanate e mitigate, che la degradante commedia delle contraddizioni umane scomparirà come un triste miraggio […], che da ultimo, nello scenario finale, nel momento dell’eterna armonia, vi sarà, si rivelerà qualcosa di così unico che basterà a colmare tutti i cuori, a placare tutto lo sdegno, a riscattare tutti i misfatti degli uomini, tutto il sangue da loro versato, e basterà perché sia possibile non solo perdonare, ma anche giustificare tutto quello che c’è stato. E che avvenga, pure; ma io non l’accetterò mai, nn voglio accettarlo! (Ivàn: libro V, cap. III, 1994, p. 327)
- I bimbi non hanno mangiato nulla e non sono ancora colpevoli di nulla. Ami i bambini Alëša? Lo so che li ami, e capirai perché voglio parlare solo di loro. Se sulla Terra soffrono anch’essi terribilmente è certo per i loro padri, sono puniti per i loro padri che hanno mangiato il frutto proibito: ma questo è un ragionamento dell’altro mondo, incomprensibile per il cuore dell’uomo quaggiù sulla Terra. Non si può far soffrire un innocente a causa di un altro. (Ivàn: libro V, cap. IV, 1994, p. 330)
- E quando la madre abbraccerà il carnefice che le ha fatto straziare il figlio dai cani e tutti e tre proclameranno fra le lacrime: “Tu sei giusto, o Signore!”, allora sarà certo l’apoteosi di ogni conoscenza e tutto sarà spiegato. […] Vedi, Alëša, forse se vivrò fino a quel momento o risorgerò per vederlo, avverrà davvero che guardando la madre che abbraccerà il carnefice della sua creatura anch’io esclami con gli altri: “Tu sei giusto, o Signore!”. Ma io non lo voglio esclamare. […] Questa suprema armonia. Essa non vale neppure una lacrima di quella bimba straziata […]. Non le vale perché quelle lacrime non troveranno riscatto. Devono essere riscattate, altrimenti non vi può essere armonia alcuna. (Ivàn: libro V, cap. IV, 1994, p. 340)
- È forse possibile? Saranno poi davvero vendicate? Ma che importa vendicarle, che importa l’inferno per i carnefici, a che cosa può rimediare l’inferno quando i bambini sono già stati sviziati? E che armonia vi è mai, se c’è l’inferno? (Ivàn: cap. IV, 1994, p. 341)
- E se le sofferenze dei bambini saranno servite a completare quella somma di sofferenze che era necessaria a riscattare la verità, io dichiaro subito che tutta la verità non vale un simile prezzo. Non voglio, infine, che la madre abbracci il carnefice che ha fatto dilaniare suo figlio dai cani! Non deve perdonarlo! Se vuole, che lo perdoni per sé, che lo perdoni per il suo infinito dolore di madre; ma le sofferenze del suo bimbo straziato lei non ha il diritto di perdonargliele […]. Ma se è così, se non si dovrà perdonare, che ne è dell’armonia? […] Non voglio l’armonia, è per amore dell’umanità che non la voglio. (Ivàn: libro V, cap. IV, 1994, p. 341)
Libertà
- Quale libertà vi può mai essere se l’obbedienza la si compra con i pani? ( libro V, cap. V, 1994, p. 352)
- Io ti dico che non vi è per l’uomo affanno più grande che quello di trovare al più presto qualcuno a cui rendere il dono della libertà che quell’infelice ha avuto nascendo. Ma si impossessa della libertà degli uomini solo chi pacifica la loro coscienza. (Ivàn: libro V, cap. V, 1994, p. 354)
- Il segreto dell’esistenza umana non sta solo nel vivere, ma in ciò per cui si vive. Senza sapere con certezza per che cosa vive, l’uomo non accetterà di vivere e si sopprimerà pur di non restare sulla Terra, se anche intorno a lui non vi fossero che pani.
(Fyodor Dostoevsky, “I fratelli Karamazov”,Ivàn/Il grande inquisitore: libro V, cap. V, 1994, p. 355)
- Vi sono tre forze, tre sole forze sulla Terra in grado di vincere e incatenare per sempre la coscienza di questi esseri miseri e ribelli, per garantire loro la felicità: il miracolo, il mistero e l’autorità. Tu rifiutasti la prima, la seconda e la terza, dando così l’esempio.
(Fyodor Dostoevsky, “I fratelli Karamazov”,Ivàn/Il grande inquisitore: libro V, cap. V, 1994, p. 356)
- Non c’è nulla di più ammaliante per l’uomo che la libertà della propria coscienza: ma non c’è nulla, del pari, di più tormentoso. Ed ecco che invece di solidi fondamenti capaci di tranquillizzare la coscienza dell’uomo una volta per sempre, Tu hai scelto tutto ciò che v’è di più difforme, di più misterioso e di più indefinito: hai scelto tutto ciò che è superiore alle forze degli uomini: e perciò hai finito per agire come se addirittura non li amassi affatto: e questo, chi! Colui ch’è venuto a dare per essi la vita Sua! Invece di prender possesso della libertà umana, Tu l’hai accresciuta, e hai aggravato coi suoi tormenti il regno spirituale dell’uomo, per l’eternità. (Ivàn/Il Grande Inquisitore: libro V, 1993, p. 340)
- Vivono così solo nell’invidia reciproca, nella dissolutezza e nell’ostentazione. Banchetti, viaggi, carrozze, gradi e servitù sono ritenuti ormai una necessità, per appagare la quale si sacrificano anche la vita, l’onore e l’amore […], mentre i poveri affogano per ora i bisogni e l’invidia nell’ebbrezza. Ma presto, anziché di vino, si inebrieranno di sangue, a questo li condurranno. Io vi chiedo: è libero un uomo simile? […] Non vi è da stupirsi se l’umanità, invece della libertà, abbia trovato la schiavitù. (Starets Zosima: libro VI, cap. III, 1994, p. 435-436)
La croce e la libertà
- Tu non scendesti dalla croce quando, per schernirti e per deriderti, ti gridavano: “Scendi dalla croce e allora crederemo che sei tu”. Tu non scendesti perché ancora una volta non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo e bramavi una fede libera, non fondata sul miracolo. Bramavi un amore libero e non il servile fervore di uno schiavo dinanzi al potente che l’atterisce per sempre. Ma anche qui tu hai tenuto troppo in conto gli uomini poiché essi sono di certo degli schiavi.
(Fyodor Dostoevsky, “I fratelli Karamazov”,Ivàn/Il grande inquisitore: libro V, cap. V, 1994, pp. 356-357)
- E così inquietudine, sgomento e infelicità sono l’attuale sorte degli uomini dopo che tu hai sofferto tanto per la loro libertà!
(Ivàn/Il grande inquisitore: libro V, cap. V, 1994, p. 357)
- Non c’è nulla di più ammaliante per l’uomo che la libertà della propria coscienza: ma non c’è nulla, del pari, di più tormentoso. Ed ecco che invece di solidi fondamenti capaci di tranquillizzare la coscienza dell’uomo una volta per sempre, Tu hai scelto tutto ciò che v’è di più difforme, di più misterioso e di più indefinito: hai scelto tutto ciò che è superiore alle forze degli uomini: e perciò hai finito per agire come se addirittura non li amassi affatto: e questo, chi! Colui ch’è venuto a dare per essi la vita Sua! Invece di prender possesso della libertà umana, Tu l’hai accresciuta, e hai aggravato coi suoi tormenti il regno spirituale dell’uomo, per l’eternità. (Ivàn/Il Grande Inquisitore: libro V, 1993, p. 340)
- Oh, noi li convinceremo che saranno liberi soltanto quando rinunceranno alla loro libertà in nostro favore e si assoggetteranno a noi. Ebbene, avremo ragione o mentiremo? Essi stessi si persuaderanno che abbiamo ragione perché rammenteranno a quale orrenda schiavitù e a quale orrendo turbamento li avesse condotti la tua libertà. La libertà, il libero pensiero e la scienza li condurranno in tali labirinti […] che alcuni di loro, indocili e violenti, so distruggeranno da sé, mentre altri, indocili ma deboli, si stermineranno fra loro, e gli ultimi rimasti, deboli e infelici, strisceranno ai nostri piedi e ci grideranno: “Sì, avevate ragione […] salvateci da noi stessi”.
(Fyodor Dostoevsky, “I fratelli Karamazov”, Ivàn/Il grande inquisitore: libro V, cap. V, 1994, p. 360)
Amate gli animali e il creato
- Amate gli animali, amate le piante, amate ogni cosa. Se amerete ogni cosa, in ogni cosa coglierete il mistero di Dio. E una volta che lo avrete colto, lo comprenderete ogni giorno di più, giorno dopo giorno. Arriverete, finalmente, ad amare tutto il mondo di un amore onnicomprensivo, universale. Amate gli animali: Dio ha donato loro i rudimenti del pensiero e una gioia imperturbata. Non siate voi a turbarla, non li maltrattate, non privateli della loro gioia, non contrastate il pensiero divino. Uomo, non ti vantare di superiorità nei confronti degli animali: essi sono senza peccato, mentre tu, con tutta la tua grandezza, insozzi la terra con la tua comparsa su di essa e lasci la tua orma putrida dietro di te – purtroppo questo è vero per quasi tutti noi!
Fyodor Dostoevsky, “I fratelli Karamazov”, citazioni da Garzanti, p. 442
- Ogni filo d’erba, ogni scarabeo, ogni formica, ogni piccola ape dorata conosce stupendamente il suo cammino e, pur non avendo l’intelligenza, testimonia il mistero divino, che si esprime in essi in ogni istante.
(Starets Zosima: libro VI, cap. II, 1994, p. 409)
- Tutto è bello, magnifico, perché tutto è verità. Guarda il cavallo, quel nobile animale che vive accanto all’uomo, o il bue, che lo nutre e lavora per lui, curvo e pensoso; guarda i loro musi: quanta mitezza, quanta dedizione verso chi spesso li batte senza pietà, quanta benevolenza, e fiducia e bellezza nei loro tratti! Ed è commovente pensare che non hanno alcun peccato; infatti tutto è perfetto, tutto è innocente, tranne l’uomo, e Cristo è con loro prima ancora che con noi. (Starets Zosima: libro VI, cap. II, 1994, p. 409)
Amate i bambini
- Amate in special modo i bambini, giacché anch’essi sono senza peccato, come gli angeli; essi vivono per commuovere e purificare i nostri cuori e rappresentano una sorta di indicazione per noi. Guai a chi offende un bambino! Padre Anfim mi insegnò ad amare i bambini: quell’uomo dolce e taciturno, durante i nostri pellegrinaggi, amava comprare, con i soldini che ci avevano donato, dolcetti e caramelle da distribuire ai bimbi; passando accanto ai bambini egli non poteva fare a meno di provare emozione: ecco la natura di quell’uomo.
Fyodor Dostoevsky, “I fratelli Karamazov”, citazioni da Garzanti, p. 442-444
- Rammenta la prima domanda: seppure non proprio alla lettera, il suo significato è questo: «Tu vuoi andare nel mondo, e ci vai con le mani vuote, con non so quale promessa di libertà, che quelli, nella loro semplicità e nella loro ingenita sregolatezza, non possono neppure concepire, e ne hanno timore e spavento – giacché nulla mai fu per l’uomo e per la società umana più insopportabile della libertà! Ma vedi codeste pietre, per questo nudo e rovente deserto? Convertile in pani, e dietro a Te l’umanità correrà come un branco di pecore […]». Ma Tu non hai voluto privar l’uomo della libertà, e hai rifiutato la proposta: giacché, dove sarebbe la libertà (hai ragionato Tu), se il consenso fosse comperato col pane? (Ivàn/Il Grande Inquisitore: libro V, 1993, p. 337)
- “Senti Alëša” disse Ivàn in tono fermo “se davvero mi basteranno le foglioline vischiose, sarà solo ripensando a te che potrò amarle. Mi è sufficiente sapere che tu esisti qui, da qualche parte, per non perdere la voglia di vivere. Questo ti basta? Se vuoi, considerala come una dichiarazione d’amore.” (Ivàn: libro V, cap. V, 1994, p. 368)
- Il mondo dice: “Hai dei bisogni, e allora appagali […]. Non temere di appagarli, anzi incrementali”. Ecco quel che predica oggi il mondo. Ma che cosa provoca questo incrementare i propri bisogni? Nei ricchi la ‘solitudine’ e il suicidio morale; nei poveri l’invidia e l’omicidio, perché i diritti sono stati concessi, ma i mezzi per appagare i propri bisogni non li hanno ancora indicati.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994, Starets Zosima: libro VI, cap. III, 1994, p. 435
- Se la notte, sul punto di assopirti, ti viene in mente di non aver fatto ciò che avresti dovuto, non indugiare: alzati e fallo. Se intorno a te vi sono persone adirate e insensibili che non vogliono prestarti ascolto, inginocchiati dinanzi a loro e chiedi perdono, poiché in verità la colpa è anche tua se non vogliono ascoltarti.
I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994,Starets Zosima: Libro VI,cap. III, 1994, p. 447
Orgoglio
- Era uno di quei caratteri orgogliosi che non sopportano il disprezzo, che, non appena sospettano disprezzo da parte di qualcuno, subito s’infiammano di rabbia e di voglia di opporsi. I fratelli Karamazov, Mondadori, 1994, libro XII, cap. IV, 1994, p. 944)
- Alëša sentiva che un carattere come quello di Katerìna Ivànovna aveva bisogno di dominare e che poteva riuscirvi solo con un uomo come Dmítrij e non certo con uno come Ivàn. Poiché solo Dmítrij (sia pure col tempo) avrebbe potuto finire con il sottomettersi a lei. (cap. V, 1994, p. 261)
- Ma sappiate, Katerìna Ivànovna, che davvero amate solo lui. E più vi offenderà, più lo amerete. E questo è appunto il vostro strazio. Voi l’amate proprio così com’è, l’amate perché vi offende. Se si ravvedesse, subito l’abbandonereste e smettereste di amarlo. Ma lui vi è necessario per poter contemplare continuamente il vostro eroico atto di fedeltà e rinfacciare a lui la sua infedeltà. E tutto ciò per orgoglio. Oh, vi svilite, vi fate umiliare, ma sempre per orgoglio… Sono troppo giovane e vi ho amato troppo. (Ivàn: libro IV, cap. V, 1994, p. 268)
Egoismo
- Rakitin, capace d’intendere con tanta prontezza tutto ciò che toccava la sua persona, era assai ottuso nell’intendere i sentimenti e le impressioni del prossimo suo: […] in parte anche pel suo grande egoismo. I fratelli Karamazov, da Garzanti, Una cipollina, libro VII, cap. III p. 488
“La Favola dell’Angelo e della Cipollina”, nota a tanti perché riportata dalle antologie, è la bellissima storia raccontata da Grushenka nei “I Fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij. ad Alesä. In questa favola
- E’ soltanto una favola, ma è una bella favola.’C’era una volta una donna cattiva cattiva che un giorno morì. E dietro di sé non lasciava nemmeno una buona azione. I diavoli la afferrarono e la lanciarono nel lago di fuoco. Ma l’angelo custode della donna si mette a pensare: che buona azione posso ricordare per dirla a Dio?Se ne ricordò una e la riferì al Signore: una volta strappò una cipollina dal suo orticello e la diede a una mendicante. Allora Dio gli rispose: prendi anche tu quella stessa cipollina, allungala verso di lei nel lago, fa in modo che lei ci si aggrappi per tirarla fuori: se riesci a tirarla fuori dal lago, che vada pure in paradiso, ma se la cipolla si strappa, che la donna rimanga lì dov’è.L’agelo corse dalla donna, le allungò la cipollina e le disse: Aggrappati e io ti tirerò fuori.E cominciò a tirarla piano piano e l’aveva tirata fuori quai tutta, quando gli altri peccatori che erano nel lago videro che la stavano tirando fuori e cominciarono tutti a tentare di afferrarla, in modo da essere tratti in salvo anche loro.Ma la donna cattiva cattiva cominciò a scalciare: Stanno tirando me e non voi, la cipollina è mia, non vostra.Non aveva ancora finito di dirlo che la cipollina si spezzò. La donna ricadde nel lago ed è ancora lì che brucia. E l’angelo scoppiò a piangere e volò via.’Ecco, è questa la favola, Alëša, l’ho imparata a memoria, perché anche io sono come quella donna cattiva.
I fratelli Karamazov, da Garzanti, Grušenka, Una cipollina, libro VII, cap. III p. 488
- il grande dolore che Alësa aveva nell’anima inghiottiva tutte le sensazioni che potessero nascere nel suo cuore, e se solo in quel momento avesse potuto rendersene conto pienamente, avrebbe compreso che, in quel momento, egli era dotato di un armatura più solida che mai contro qualsiasi seduzione e tentazione.
Alesa con Grušenka
Fyodor Dostoevsky, “I fratelli Karamazov”, citazioni.
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