Analisi, temi e significato. Un viaggio nella poesia di Pascoli tra nostalgia e sradicamento esistenziale
Introduzione
Sogno d’un dí d’estate.
Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose:
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, róse 1:
due bianche spennellate
in tutto il ciel turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice 2
,
il palpito lontano
d’una trebbïatrice,
l’angelus argentino 3
…
dov’ero? Le campane
mi dissero dov’ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
1 corrose
2 cespugli di tamerici (il singolare è motivato dalla rima con trebbiatrice)
3 il suono delle campane che in varie ore del giorno richiama alla preghiera (angelus) è nitido, come se venisse prodotto
dalla percussione di una superficie d’argento (argentino).
La poesia Patria di Giovanni Pascoli, parte della raccolta Myricae, rappresenta uno dei componimenti più intensi e simbolici del poeta. Originariamente intitolata Estate, questa poesia esplora il tema della nostalgia per il paese natio e del senso di estraneità esistenziale, unendo immagini vivide del paesaggio romagnolo a riflessioni profonde sulla condizione umana, unite sempre all’angoscia del distacco dal padre e dai familiari.
I temi principali di Patria
- La nostalgia del luogo natio
Il termine “patria” non si limita a indicare il paese d’origine del poeta, San Mauro di Romagna, ma diventa simbolo di un passato idealizzato, perduto per sempre.- La trasfigurazione della natura
Pascoli descrive la natura come uno specchio del suo stato d’animo, utilizzando colori, suoni e sensazioni per creare un’atmosfera sospesa tra sogno e realtà.
- La trasfigurazione della natura
- Le campane, il lutto e il senso di estraneità: “Dov’ero? Le campane / mi dissero dov’ero, / piangendo, mentre un cane / latrava al forestiero, / che andava a capo chino.”
- Le campane come simbolo del lutto
Le campane, che “piangono”, possono essere interpretate come campane a morto, un richiamo diretto alla morte del padre del poeta, assassinato in un agguato. Questo evento traumatico segna profondamente la vita e l’opera di Pascoli, rendendo il suono delle campane un simbolo del dolore e della perdita. - La domanda “dov’ero”
L’interrogativa iniziale esprime uno smarrimento esistenziale, che va oltre il contesto geografico o temporale. Non si tratta solo di chiedersi dove si trovi fisicamente, ma di riconoscere una condizione di disorientamento profondo: senza il padre, figura di protezione e riferimento, Pascoli si sente sradicato, perso. - Il “forestiero” come simbolo dell’orfano
Il “forestiero” che “andava a capo chino” può essere letto come un riflesso del poeta stesso. La perdita del padre lo ha reso un “estraneo” alla vita, incapace di sentirsi pienamente parte del mondo. Questa condizione di alienazione si lega al tema dell’orfanità, non solo come perdita familiare, ma come condizione esistenziale di chi si sente escluso da qualsiasi appartenenza. - Il cane e l’alterità
Il cane che latra al forestiero accentua il senso di distanza e di alterità. - L’andare “a capo chino”
L’immagine del forestiero che cammina con il capo chino esprime non solo il dolore, ma anche la rassegnazione di chi non è sicuro di poter trovare ciò che cerca
- Le campane come simbolo del lutto
Analisi del titolo e del primo verso
Il titolo Patria è strettamente legato al sentimento di nostalgia e di appartenenza perduta. Al tempo stesso, il primo verso, “Sogno d’un dí d’estate”, introduce immediatamente l’atmosfera onirica e malinconica della poesia: il ricordo del passato appare come un sogno, lontano e irraggiungibile.
Le soluzioni espressive di Giovanni Pascoli in “Patria”
Nei versi
“Scendea tra gli olmi il sole / in fascie polverose: / erano in ciel due sole / nuvole, tenui, róse: / due bianche spennellate / in tutto il ciel turchino,”
- Le “fascie polverose”
Questo dettaglio descrittivo richiama un effetto visivo sfocato e dinamico, simile a quello che si potrebbe trovare in un dipinto espressionista, dove i giochi di luce e polvere creano atmosfere oniriche e quasi astratte. - Le “nuvole, tenui, róse”
Il colore tenue delle nuvole, accostato al cielo turchino, crea un forte contrasto cromatico che può ricordare le pennellate audaci e simboliche tipiche di artisti espressionisti come Emil Nolde o Franz Marc. - Le “bianche spennellate”
L’immagine stessa richiama la pittura: le nuvole sono rese con un gesto pittorico, quasi come se il poeta stesse dipingendo con le parole. L’idea del “cielo turchino” come una tela amplifica l’associazione con l’arte visiva.
Pascoli utilizza diverse tecniche per creare una poesia densa di emozioni:
Figure retoriche
1. Sinestesia
- “fascie polverose”
Qui si mescolano la percezione visiva (le fascie di luce) e quella tattile (l’aggettivo polverose). La sinestesia enfatizza la fusione tra sensazioni diverse, rendendo il paesaggio vivo e suggestivo.
2. Metafora
- “due bianche spennellate”
Le nuvole vengono metaforicamente descritte come spennellate, suggerendo un gesto pittorico che evoca il parallelismo con l’arte. La metafora contribuisce a trasformare il paesaggio in un’immagine artistica.
3. Allitterazione
- Nella sequenza “sole”, “sole”, “spennellate” si nota la ripetizione del suono “s”, che crea un ritmo morbido e musicale, rafforzando l’effetto descrittivo e armonioso del paesaggio.
4. Iperbato
- “in tutto il ciel turchino”
L’aggettivo turchino, posposto rispetto a ciel, rompe l’ordine naturale della frase per attirare l’attenzione sul colore vivido del cielo.
5. Antitesi
- “due sole / nuvole”
Il contrasto tra la vastità del cielo e la presenza limitata di due sole nuvole evidenzia la calma e la semplicità del paesaggio, amplificando l’effetto contemplativo. - Versi: “Quanto scampanellare / tremulo di cicale!”
- Onomatopea: “scampanellare” richiama il suono delle cicale, rendendolo percepibile attraverso le parole.
- Enjambement: “tremulo di cicale” continua nel verso successivo, creando una sensazione di movimento e leggerezza sonora.
- Versi: “Moveva il maestrale / le foglie accartocciate.”
- Personificazione: “moveva il maestrale” attribuisce al vento (maestrale) un’azione umana, rendendo la natura animata e dinamica.
- Metonimia: “foglie accartocciate” richiama indirettamente la stagione (fine estate o autunno), suggerendo il declino naturale.
- Versi: “dov’ero? Le campane / mi dissero dov’ero, / piangendo, mentre un cane / latrava al forestiero.”
- Anadiplosi: “dov’ero? […] mi dissero dov’ero” ripete la domanda, creando enfasi sul tema dello smarrimento.
- Personificazione: “Le campane […] piangendo” attribuisce alle campane un sentimento umano, amplificando il tono malinconico.
- Onomatopea: “latrava” richiama il suono del cane, aumentando il realismo della scena.
- Climax discendente: dal “piangendo” delle campane al “latrava” del cane si passa da una sensazione più elevata e simbolica a una più terrena e concreta.
Altre soluzioni stilistiche in Patria di Giovanni Pascoli
- Sono frequenti nell’intero componimento, combinando diverse percezioni sensoriali per intensificare le descrizioni:
- “tremulo di cicale” (suono e movimento)
- “fascie polverose” (visivo e tattile).
- Personificazioni
La natura è spesso animata con tratti umani: il sole scendea, le campane piangono, il vento moveva. - Metafore
- “bianche spennellate” (nuvole come pennellate di un dipinto).
- “palpito lontano / d’una trebbïatrice” (il suono della trebbiatrice come un palpito).
- Musicalità
Pascoli utilizza allitterazioni e onomatopee per rendere il paesaggio sonoro e vibrante:- “scampanellare tremulo di cicale”
- “piangendo, mentre un cane latrava”.
- Enjambement
Presente in diversi passaggi, conferisce fluidità e dinamismo ai versi, come nel caso di “Scendea tra gli olmi il sole / in fascie polverose.”
Il significato della domanda “dov’ero”
L’interrogativa “dov’ero” sottolinea il disorientamento del poeta, che si risveglia dal sogno e si ritrova in una realtà che gli appare estranea. Questo passaggio segna il confine tra l’intimità del ricordo e l’alienazione del presente.
Il ritorno alla realtà: il forestiero
La chiusura della poesia è cruciale: Pascoli si definisce forestiero, un termine che evidenzia la sua condizione di estraneità non solo geografica, ma anche esistenziale. Questa parola chiave riflette il disagio del poeta, che si sente fuori luogo anche nella sua patria.
Il tema dello sradicamento nella poesia di Pascoli
Lo sradicamento è un tema ricorrente nella poesia di Pascoli e in molte opere dell’Ottocento e del Novecento. Il senso di alienazione dell’individuo moderno, incapace di integrarsi nel mondo, trova eco in autori come:
- Charles Baudelaire: con il flâneur, un individuo che vaga tra le strade senza appartenervi davvero.
- Italo Svevo: ne La coscienza di Zeno, dove l’uomo moderno si sente in costante conflitto con la realtà che lo circonda.
Pascoli trasforma il dato autobiografico in una riflessione universale sull’estraneità e sulla condizione umana.
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