“Il porto sepolto” di Giuseppe Ungaretti è la poesia chiave della sua prima esperienza di poeta soldato. L’autore stesso ne ha spiegato l’origine. Il titolo nasce da con il porto di Alessandria, un porto leggendario preesistente alla fondazione della città. Come portare alla luce tracce del porto sepolto di Alessandria d’Egitto è impresa assai poco probabile, così per il poeta palombaro dell’anima è impossibile portare alla luce tutto ciò che si sente dentro.
INDICE
Giuseppe Ungaretti: Il porto sepolto
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto
Come nasce “Il porto sepolto”
“Così ha dichiarato Giuseppe Ungaretti: si vuole sapere perché la mia prima raccoltina s’intitolasse Il porto sepolto. Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi, ho conosciuto due giovani ingegneri francesi, i fratelli Thuile, Jean e Henri Thuile. Entrambi scrivevano. […] Avevano ereditato dal padre […] una biblioteca romantica ch’essi avevano arricchita con opere dei poeti e degli scrittori contemporanei. […] Abitavano fuori d’Alessandria, in mezzo al deserto, al Mex. Mi parlavano d’un porto, d’un porto sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era già un porto prima d’Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città. Non se ne sa nulla. Quella mia città si consuma e s’annienta d’attimo in attimo.
Come faremo a sapere delle sue origini se non persiste più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa? Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto».
Aggiunge il poeta: «Il porto sepolto è ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile».
Giuseppe Ungaretti – Il porto sepolto e “quel nulla/d’inesauribile segreto“
Una incomunicabilità che però non diventa rifiuto di tornare alla luce per disperdere i propri canti. Una figura retorica, un ossimoro, messo in evidenza da un enjambement, lo spiega: “quel nulla/d’inesauribile“.
Consapevole che la poesia riesca a rivelare un “nulla” di fronte al “segreto” dell’essere che l’anima percepisce, e che è “inesauribile“, il poeta non rinuncia. Semplicemente cambia linguaggio. Un linguaggio adatto alla guerra. Di questo ha parlato nel corso di una serie di interviste rilasciate alla RAI, offrendo anche una sua definizione di cosa sia la vera poesia.
Riporto le trascrizioni dei video che condivido che nel video che segue.
Giuseppe Ungaretti afferma:
“Ho scritto un primo libro di poesie, “Il porto sepolto“e poi una prima parte dell’Allegria, l’ho scritta in trincea, e l’ho scritta su quei pezzetti di carta che mi capitava d’avere, sull’involucro delle pallottole, di cartone, su delle cartoline e così, nel pericolo tra un tiro e l’altro…
Quando io mi sono trovato di fronte alla guerra, io mi sono trovato anche di fronte ad un linguaggio che dovevo per forza di cose rinnovare, rendere essenziale anche perché non avevo il tempo di usare un linguaggio complesso, avevo bisogno di un linguaggio che fosse essenziale riducendosi al vocabolo, essenziale proprio ad un punto estremo, anche l’altro linguaggio è essenziale, ma questo ad un punto estremo, quindi dando al vocabolo un valore enorme e questo proprio per necessità di circostanze.
Che cosa è la poesia: la definizione di Giuseppe Ungaretti
Direi con modestia che la poesia è una combinazione di vocali e di consonanti, una combinazione però nella quale è entrata una luce. È dal grado di questa luce che si riconosce la verità della poesia. Quando la poesia è poesia raggiunge l’irraggiungibile, mette a contatto le parvenze con la sola realtà che è la realtà eterna