Giuseppe Ungaretti – Sereno
Mi fa piacere offrirvi una riflessione su “Sereno” un altro capolavoro di Giuseppe Ungaretti
Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle
Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo
Mi riconosco
immagine
passeggera
Presa in un giro
Immortale.
Il titolo evoca la serenità del cielo dopo un periodo di nebbia che ha nascosto la stellata. Rimanda a quando, poco alla volta, il cielo rivela la sua magnificenza.
Tuttavia, come sempre in Giuseppe Ungaretti, anche in Sereno ci troviamo di fronte a una preziosa figura retorica: l’analogia. Anche in questa splendida poesia l’analogia è tra il cielo e la vita. Le luci della vita possono sparire nel buio di un periodo faticoso, triste, angosciante. Eppure la stellata ci ricorda che come le stelle rimangono lì e attendono e chiedono di attendere, così il respiro pieno della vita sta per rivelarsi: “Dopo tanta / nebbia / a una / a una / si svelano / le stelle”.
Importante però è l’attesa fiduciosa, suggerita da quella scansione del tempo che è evocato dalla forte presenza di enjabements che spezzano verbi e sintagmi (a una a una). La fatica può essere “tanta” v. 1 (messo in evidenza a fine verso) ma piano piano, senza pause, “a una a una” vv. 3-4, come suggerisce l’assenza virgole, o asindeto, e di punteggiatura in toto, il bene si rivela. Dopo un periodo di tenebra e confusione, perfino di menzogna, “la Verità viene sempre fuori“. Uso il virgolettato perché questo è uno dei “motti” o “promemoria” che guidano la mia vita. Battiato avrebbe detto “Le nuvole non possono annientare il sole”.
Ma c’è di più. Nella stellata, come nella vita, è presente una promessa di eternità. In certe sorprese del creato s’intravede l’infinito. Ungaretti Lo sottolinea con un’altra figura retorica l’antitesi, a vv. 13 e 15: immagine passeggera/giro immortale.
È un’esperienza nota al poeta, ma non solo.
Franco Battiato diceva, in un contesto un po’ diverso, che “è in certi sguardi che s’intravede l’infinito”.
Eugenio Montale, ne “I limoni”, vi faceva cenno così:
“Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.”
Ma se Montale, in questa poesia, non si abbandona del tutto all’attesa, in “Sereno” Giuseppe Ungaretti vi riesce. Non afferma dubbioso “† intuisco di essere” ma con certezza “mi riconosco / immagine / passeggera / Presa in un giro / Immortale”.
Come in “Veglia“, dalla contemplazione della morte nel poeta nasceva una passione per la vita, in “Sereno”, dalla contemplazione del cielo stellato nasce il desiderio e la speranza che quella vita che appare passeggera sia presa in un giro immortale.
Infine un ultimo cenno a un poeta che, pur non arrivando a una conclusione definitivamente positiva, si lasciava interrogare dalla contemplazione del cielo e dalla sua immortalità: Giacomo Leopardi. Con un’antitesi simile, il poeta del “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” volle che il pastore ponesse alla luna la seguente domanda:
“dimmi: ove tende
questo vagar mio breve,
il tuo corso immortale?”.
Vi auguro di desiderare tanto e di stare attenti a scorgere, nel presente, i segni dell’eterno.