Montale e la Felicità: “Felicità raggiunta”

“Felicità raggiunta” di Eugenio Montale fa parte della raccolta “Ossi di seppia”. Precisamente è il tredicesimo dei ventitré testi contenuti nella seconda sezione della raccolta.

Felicità raggiunta, si cammina
per te su fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s’incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t’ama.

Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.

Ricerca della felicità

Introduzione

Eugenio Montale, uno dei più grandi poeti italiani del Novecento, ha spesso affrontato il tema della felicità nelle sue opere. In particolare, la poesia “Felicità raggiunta”, contenuta nella raccolta “Ossi di Seppia”, offre una riflessione complessa su questo sentimento effimero e spesso illusorio.

Una parafrasi di “Felicità raggiunta” di Montale

“Per raggiungere la felicitò si cammina su un filo di lama (con grande sforzo e rischio al limite delle forze). Essa agli occhi appare come un barlume che vacilla (appena percettibile, nel suo vibrare, come meta da raggiungere), ai piedi, come una lastra di ghiaccio sottile sull’acqua, che s’incrina perché non troppo solida. Pertanto, chi la desidera di più, è meglio che non la raggiunga. Se giunge su anime invase di tristezza e le illumina, è dolce come i nidi sulle cimase, in bilico sui cornicioni, e per questo genera anche turbamento. Ma il pianto del bambino che perde il pallone, nulla lo paga.”

Il Contesto Storico e Letterario

“Ossi di Seppia” rappresenta un punto di svolta nella poesia italiana del Novecento, caratterizzata da un linguaggio asciutto e diretto e da una visione del mondo segnata dalla consapevolezza della precarietà dell’esistenza ma anche da una profonda domanda sul mistero. Montale, attraverso le immagini evocative e le metafore potenti, esplora la condizione umana in un mondo dominato dalla insoddisfazione e inquietudine del desiderio di felicità e di eterno.

Analisi della Poesia

  • Contenuto La poesia si presenta come una breve riflessione sulla possibilità di raggiungimento della felicità, che viene paragonata a qualcosa di rischioso da raggiungere, precario e destinato a infrangersi.
  • Struttura Metrica: due strofe di cinque versi (pentastiche) endecasillabi eccetto il 2° e l’8° secondo lo schema di rime ABCAB DEDED.
  • La struttura metrica, con versi per lo più endecasillabi, fatto salvo per un settenario, al v. 2, e un verso di sedici sillabe, il v 8, che in realtà è un endecasillabo più un quinario, contribuisce a dare l’illusione di un ritmo della poesia fluido che però all’improvviso si spezza, a sottolineare l’instabilità di ciò che sembra potersi raggiungere
  • L’unica verso che non rima con nessuno, è quello che termina con “vacilla“, parola che dunque è messa in risalto a dare senso.
  • Altre figure retoriche:
    • Metafore:
      • “Felicità raggiunta, si cammina per te su fil di lama”: La felicità viene paragonata a un percorso estremamente pericoloso, sul filo di un rasoio.
      • “Agli occhi sei barlume che vacilla”: La felicità è paragonata a una luce debole e instabile.
      • “al piede, teso ghiaccio che s’incrina”: La felicità è paragonata a una superficie fragile, pronta a cedere sotto il peso.
      • “Se giungi sulle anime invase di tristezza e le schiari, il tuo mattino è dolce e turbatore “: La felicità che illumina un’anima triste viene paragonata al mattino
    • Similitudini:
      • “è dolce e turbatore come i nidi delle cimase”: La felicità che illumina un’anima triste viene esplicitamente paragonata ai nidi degli uccelli.
    • Antitesi: “dolce e turbatore” (la felicità è allo stesso tempo dolce e inquietante).
    • Enjambement: “invase / di tristezza” (il verso si spezza in due per sottolineare l’idea di invasione).
    • Allitterazioni: “ti tocchi t’ama” (ripetizione della “t” per creare un effetto sonoro); al piede, “teso ghiaccio che s’incrina” (ripetizione di i per suggerire lo scricchiolio); La ripetizione di consonanti come la “t” (“ti tocchi t’ama”, “tristezza, tuo, mattino, turbatore”) crea un effetto quasi musicale e ritmico.
    • Assonanze: La ripetizione della vocale “i” in “si cammina” e “vacilla” potrebbe sottolineare l’idea di movimento e instabilità.
    • Onomatopee: Anche se non sono presenti vere e proprie onomatopee, la scelta del verbo “s’incrina” suggerisce un suono fragile e spezzato.
  • Il Percorso precario della Felicità (versi 1-2): I primi due versi sono fondamentali per comprendere il senso dell’intera poesia. Montale afferma che la felicità è un cammino difficile e pericoloso, paragonato a un filo di lama. Questa metafora evoca la precarietà e la fragilità di questo sentimento, che si mira a raggiungere attraverso un cammino rischioso. Camminare sul filo di lama è un’espressione che, fuori di metafora, indica un percorso estremamente pericoloso e delicato, in cui è richiesto un equilibrio costante e un grande controllo. Ma sebbene l’essere umano sappia che la felicità non è controllabile, è intrinsecamente motivato a perseguire la felicità, anche quando le circostanze sono avverse. Per raggiungere la felicità, spesso si è disposti a correre dei rischi, a sfidare le proprie paure e a uscire dalla propria zona di comfort. E questa ricerca è un’esperienza universale, comune a tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla cultura o dal contesto storico. Ne ha parlato Dante, ne ha parlato Leopardi.
  • “Agli occhi sei barlume che vacilla” v. 3: Il “barlume” indica una luce debole e incerta, quasi un bagliore di una fonte intravista in lontananza, come l'”albergo” di cui parla Dante nel libro IV del Convivio. Ma questo lume vacilla: Il verbo sottolinea l’instabilità e la precarietà di questa luce, che non è fissa, sembra quasi insicura. Anche questa è una Metafora. La felicità viene paragonata a un barlume che vacilla, sottolineando la sua natura effimera e fragile.
  • “al piede, teso ghiaccio che s’incrina” v. 4: Montale ci catapulta su una superficie d’acqua ghiacciata, sulla quale però non si pattina, si cammina con delicatezza, è pericolosa, s’incrina e minaccia di cedere. Il ghiaccio simboleggia la felicità come qualcosa che pota con sé il rischio di sprofondare. Un’altra metafora, in cui la felicità viene paragonata a un elemento naturale precario e instabile.
  • “e dunque non ti tocchi chi più t’ama.” v. 5: Questa frase esprime l’auspicio che proprio coloro che desiderano di più afferrarla, non la raggiungano, rimangano in stato di ricerca, perchè raggiungerla significherebbe affondare.
  • Gli Effetti della Felicità sulle anime tristi: vv. 6-8. Dolcezza e turbamento insieme.
    Nella seconda strofa, il poeta descrive gli effetti della felicità sulle persone tristi con una doppia similitudine. La dolcezza del mattino, che rischiara la notte come la felicità rischiara la tristezza, ma allo stesso tempo come nidi delle cimase, i nidi che gli uccelli costruiscono sulle parti più alte degli edifici, come i cornicioni o le guglie. La felicità, quando raggiunge un animo afflitto, porta con sé una sensazione di dolcezza e di conforto, come la presenza di un nido caldo e accogliente. Allo stesso tempo, però, questa felicità è anche “turbatrice”, cioè provoca un leggero disagio, un senso di precarietà, come un nido costruito su un punto così alto e esposto.
  • Il Pianto del Bambino: vv.9-10. La poesia si conclude con una nota amara, rappresentata dal pianto del bambino che perde il pallone. L’infanzia è un’età caratterizzata dall’innocenza, dalla spensieratezza e dalla ricerca gioiosa del piacere. Il gioco con il pallone simboleggia una felicità semplice, genuina, immediata e incontaminata, non ancora offuscata dalle preoccupazioni e dalle complessità della vita adulta. Il bambino che insegue il pallone incarna la speranza, la voglia di raggiungere un obiettivo, di realizzare un desiderio. Ma Il pallone che sfugge di mano al bambino rappresenta la natura effimera della felicità. Anche la gioia più pura e spontanea è destinata a svanire, lasciando dietro di sé un senso di vuoto e di frustrazione. La perdita del pallone anticipa la consapevolezza della sofferenza e della delusione che caratterizzano l’esistenza umana. La scena del bambino che piange contrasta nettamente con l’immagine della felicità del gioco del pallone. E il punto chiave è quel “nulla paga” che ricorda sebbene in maniera molto meno drammatica, le riflessioni di Ivan dei Fratelli Karamazov sul dolore innocente. Ivan si ribella all’idea di un Dio che permette l’esistenza del dolore innocente, soprattutto quello dei bambini. Come Dostoevsky Anche Montale, attraverso l’immagine del bambino che piange per la perdita del pallone, sembra porre una domanda simile: se la felicità è così fragile e la sofferenza così diffusa, dove sta la giustizia?

Interpretazione

  • “Felicità raggiunta” di Eugenio Montale si presenta come una profonda riflessione sulla natura effimera o illusoria della felicità. Attraverso un sapiente uso di metafore e di una struttura metrica che sottolinea l’instabilità del sentimento, il poeta ci conduce in un percorso tortuoso e rischioso alla ricerca di un sentimento che, anche quando raggiunto, si rivela fragile e destinato a svanire o peggio ad affondarci.
  • Il confronto con figure come Dante, nel lIbro IV del Convivio, e con Le riflessioni sulla Felicità di Leopardi collocano la poesia di Montale all’interno di una lunga tradizione letteraria che ha interrogato il tema della felicità. Tuttavia, il poeta ligure offre una visione più simile a quella del Recanatese, sottolineando l’impossibilità di afferrare definitivamente questo stato e la sua natura intrinsecamente legata alla sofferenza.
  • La scelta di concludere la poesia con l’immagine del bambino che piange per la perdita del pallone rafforza ulteriormente questo messaggio di precarietà. Il gioco infantile, simbolo di innocenza e spensieratezza, si scontra con la dura realtà della perdita, anticipando le delusioni e le sofferenze che caratterizzano l’esistenza umana.
  • In definitiva, “Felicità raggiunta” di Montale è una poesia che invita alla riflessione sulla condizione umana e sulla vanità dei desideri. Montale, con la sua scrittura asciutta e potente, ci costringe a confrontarci con la nostra fragilità e con la consapevolezza che la felicità è un bene precario e spesso illusorio

Risorse Utili


In questa pagina sono presenti link di affiliazione che garantiscono a questo sito una piccola quota di ricavi, senza variazione del prezzo per l’acquirente.

/ 5
Grazie per aver votato!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.