Prima di tutto un consiglio: Scolpitelo nel vostro cuore, di Liliana Segre, è un libro-testimonianza breve, che va letto (o ascoltato) per intero, e non per recensioni e citazioni. Puoi trovare il libro qui oppure qui (edizione a colori).
Seconda nota, ove occorresse notarlo, nessuna delle mie recensioni è sponsorizzata.
“Scolpitelo nel vostro cuore” è una confidenza ai ragazzi da parte della Senatrice, una condivisione del desiderio di vita che permise a Liliana di sopravvivere alla tortura. Con la consapevolezza dell’infinità e pochezza di ciascun uomo, Liliana Segre – rivolgendosi ai suoi nipoti ideali, i giovani di tutti i tempi – racconta la storia della persecuzione e deportazione ad Auschwitz. Perché i ragazzi sappiano. Sappiano, e non “non dimentichino ciò che nella loro generazione si comincia a dimenticare.
Chi insegna ha visto – talvolta tristemente – come i ragazzi si stiano “assuefacendo” alla giornata della memoria, e la vivono con apatia.
Leggere in classe stralci di questo libro, semplice, o proporne la lettura integrale, aiuta a combattere questa assuefazione.
Il male di cui l’uomo è stato capace, per loro – molti dei nostri ragazzi – è ormai quasi solo un film. Una testimonianza ha sempre il sapore del: “è stato, dunque ‘è'”.
La testimonianza di Liliana, che racconta la sua esperienza da ragazzina a ragazzini, il suo “stupore del male altrui“, è un ascolto commovente, facile e doloroso insieme, che consiglio vivamente.
Trova il libro qui
INDICE
La raccolta di citazioni che seguono, è organizzata per sentimenti.
Stupore e pietà
L’indifferenza e la solitudine
L’ Amicizia
Voglia di vivere e felicità
Egoismo, perdita dell’affettività, pentimento
Gratitudine e meraviglia per le piccole cose
Tentazione, vendetta e umanità
Resilienza
Primo Levi e Liliana Segre
Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa.“ – Primo Levi, La tregua, Il disgelo, p. 158
Con questa citazione di Primo Levi, inizia “Scolpitelo nel vostro cuore“, il libro testimonianza di Liliana Segre. La senatrice a vita italiana che è sopravvissuta, ma da più giovane, alla stessa esperienza dell’autore di Se questo è un uomo, lo cita perché è in lui che ha trovato le parole per dare un nome, e luce, e senso, alla propria esperienza, così da riuscire poi a guardarla meglio.
“Scolpitelo nel vostro cuore” di Liliana Segre è una testimonianza
- di una storia assurda, oggi quasi non più creduta, eppure accaduta, che l’autrice vuole condividere con i bullizzati, i bulli e gli spacconi
- del desiderio di vita di chi ha fatto di tutto per resistere alla morte, da condividere con i giovani che vogliono arrendersi o sono scoraggiati
- del ventaglio dei sentimenti che possono essere provati dagli uomini verso altri uomini
“Scolpitelo nel vostro cuore“, Liliana Segre. Trova il libro qui
Stupore e pietà
Stupore per il male altrui
“Stuopore per il male altrui” queste sono le parole che Primo Levi usa per descrivere l’espressione che si disegnò sul volto dei Russi entrati ad Auschwitz, e che Liliana Segre sceglie come introduzione per “Scolpitelo nel vostro cuore“.
È il 27 gennaio 1945. […] Quel giorno entrano i soldati russi ad Auschwitz. Superano quei cancelli che nascondono al mondo l’orrore. Non sono ufficiali ma soldati giovani, persone semplici. Entrano a cavallo, guardano la devastazione, vedono quei corpi martoriati che escono dalle baracche come fantasmi. Guardano gli altri corpi, senza vita, scheletrici, lasciati sulla neve come cose inutili. E cosa si legge nei loro occhi. Negli occhi dei quattro soldati russi c’è tutto lo “stupore per il male altrui”. Così ce ne parla Primo Levi. Unico, eccezionale Levi, nel raccontarci lo smarrimento di chi è innocente di fronte al male.
Ero già una donna libera da anni quando lessi il libro di Primo Levi, e capii che questo sentimento fortissimo, che mi aveva accompagnato durante tutto quel tempo, era stato lo “stupore per il male altrui”. Io non lo avevo mai capito fino in fondo e non avrei saputo dirlo con le mie povere parole. Lo fece Primo Levi, e con pochissime parole. “Tutto lo stupore per il male altrui”
Capitolo 7, min. 1:14
Pietà
Pietà è il sentimento provato verso i prigionieri ebraici dai detenuti di San Vittore, a Milano; è il sentimento provato dalla prigioniera che offerse a Liliana una rondella di carota, commossa dalla sofferenza che le era appena stata imposta; è il sentimento che Liliana si rifiuta di provare verso Jeanine, la prigioniera, sua compagna di lavoro, che viene mandata al gas. Un rifiuto che provocherà in lei un dolore perenne, un dolore che, solo, può compensarlo.
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L’indifferenza e la solitudine
Indifferenza, il sentimento degli ignavi, dei tiepidi, di chi non prende parte, di chi non mette la faccia, di chi non si espone per non rischiare.
L’indifferenza sì, a volte, quasi sempre, è più grave della violenza, perché dalla violenza uno sa che si deve difendere e si prepara, magari poi non ci riesce, però è preparato. Invece l’indifferenza di chi volta la faccia dall’altra parte, di chi non ti saluta più, di chi non si ricorda più di telefonarti, di chiederti come stai dirti sono vicino a te in questo momento che sei in disgrazia è pesantissima, gravissima, fa male. L’indifferenza è complice, è quella che ha fatto dire a milioni di persone in tutta Europa: “ma io non lo sapevo”, “io non avevo capito”.
cap. 5 min 7:03
La solitudine, qui, non è lo stare da soli per prendere del tempo per comprendere, comprendersi. È il sentimento che si prova davanti all’indifferenza dell’altro, proprio perché nessun uomo può e dovrebbe vivere da solo. È il sentimento che provò la giovane Liliana, che prova oggi chiunque
La solitudine del perdente, la solitudine del malato, del povero, dell’emarginato. È lì che scatta l’indifferenza. E come siamo pronti a salire, invece, sul carro del vincitore, del ricco, del fortunato, del divo. Di quello che è popolare, che un sacco di amici.
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L’ Amicizia
Gli amici del perdente, quelli che non ti abbandonano quando stai male, quando sei povero, quando sei emarginato, quando hai bisogno, beh, quelli sono amici con la A maiuscola. E non bisogna mai dimenticare che la parola amicizia ha la stessa radice della parola amore. Infatti certe volte diventa più importante l’amicizia dell’amore.
cap. 5, min 8:14
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Voglia di vivere
Un giorno lui [il medico Josef Mengele] mi fermò. Io, terrorizzata, dentro di me continuavo a ripetere voglio vivere voglio vivere voglio vivere voglio vivere. Quello mi mise un dito sulla pancia e mi chiese in tedesco: “tu di dove sei?” Ed io, col terrore nella voce, risposi in tedesco che ero italiana. E lui disse “oh, ma che orrendo taglio ha fatto questo mio collega italiano, che brutta cicatrice, a questa povera ragazza, quando sarà una donna nuda si vedrà sempre questa brutta cicatrice. Poi spiegò che lui la faceva piccola piccola perché era molto più bravo del medico italiano. Infine fece il gesto che attendevo. Potevo andare via. Ero salva, ed io ero pazza di felicità. Ogni volta era una nascita, un compleanno. L’assassino mi lasciava ancora in vita
Capitolo 9, min 9:03
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Egoismo, perdita dell’affettività, pentimento
Lavoravo alla macchina nella fabbrica di munizioni “Union” con questa ragazza francese che era più grande di me. Avrà avuto vent’anni. Era gentile, una ragazza molto carina, con gli occhi azzurri, una voce dolcissima. Lei era diventata un’operaia specializzata, mentre io, che ero la più stupida di tutte ero una sua inserviente. Portavo questi bossoli di mitragliatrice a Jeanin e lei doveva lavorarli. La macchina le aveva tranciato le falangi di due dita 15 giorni prima che ci fosse la selezione. Lei nella stanza era dopo di me. Era nuda, come tutte, ma aveva uno straccio che le copriva la mano. Io ero appena passata e sentiti che Jeanine veniva mandata al gas. Non era più utile per il lavoro con le dita falciate.
ANAFFETTIVITà
In quel momento io sono stata orribile. Ero una lupa affamata di vita di vita, egoista. Non ero più quella ragazzina che era scesa dal treno insieme al suo papà. Non mi sono voltata quel giorno. Ho fatto la cosa più brutta della mia prigionia. Io non accettavo più distacchi. Non volevo affezionarmi a nessuno. Non volevo essere amica di nessuno, non volevo che nessuno mi fosse amico. Quel giorno non mi sono voltata a salutare Jeanine.
Pentimento
Il pentimento è un dolore profondo, ma che non è ridondante e fine a se stesso. Se è vero, cambia il cuore, insegna ad amare. Liliana racconta così il desiderio di raccontare a tutti la storia di Jeanine e del suo tradimento. Lo testimonia con un dolore e un amore tale, che sicuramente Jeanine lo avrà apprezzato più dell’addio che non ricevette.
Avevo capito che la stavano mandando al gas. Ma non mi sono girata verso di lei per dirle, come i detenuti di San Vittore che avevano avuto pietà di noi: “Ti voglio bene, non hai fatto niente di male”. “Jeanine”, sarebbe stato bello urlare il suo nome per salutarla, ma non l’ho chiamata. […] Non mi sono mai dimenticata di Jeanine […] così sciocca come quella Liliana d’allora, che non ha avuto la forza di voltarsi e che di questo non si è mai perdonata.
Cap. 9, min 10:25
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Gratitudine e meraviglia per le piccole cose
Era una primavera meravigliosa. Il miracolo di quel verde tenero che oggi ci sembra normale, per noi era un regalo inaspettato. Era magnifico vedere la natura che rinasce. Sapete, può essere bellissimo vedere una foglia che pian piano si affaccia su un tronco. Guardavamo fuori dal filo spinato sognando di poter essere di nuovo delle ragazze normali, e correre e camminare su un prato.
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Tentazione, vendetta e umanità
Il 1 maggio 1945 passo accanto a me il comandante del campo [..]Per me lui era il male e basta. Il nazista si spogliava vicino a me. Si era messo addirittura in mutande, perché faceva caldo, e io lo guardavo, incredula, lo guardava mentre gettava la divisa lontano e indossava i suoi vestiti civili, dopo essere stato un carnefice. Buttò via anche la pistola, la lanciò non distante da me, in terra.
Per un momento ho provato una tentazione fortissima, come non mi sarebbe mai più capitata nella vita. Avrei voluto raccogliere quella pistola e sparargli. Potevo farlo, è stato un attimo, ma poi ho capito. Io non ero come lui, non ero come il mio assassino, io avevo sempre scelto la vita e per nessuna ragione al mondo avrei potuto toglierla a un essere umano, anche se così colpevole. Non ho raccolto quella pistola, per fortuna. L’etica della mia famiglia, e l’amore che avevo ricevuto, me l’hanno impedito. Sono molto contenta di non essermi vendicata.
Cap. 10, min 6:00
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Resilienza
Importante il messaggio di Liliana sulla forza che ciascuno di noi può avere. Ma non appoggiarsi agli altri, non è il consiglio giusto, e non è quello che lei ha vissuto, con il padre, con gli amici fedeli, con il marito. Credo che la Senatrice voglia solo dire che non siamo “dipendenti” dagli altri, non che gli altri non siano importanti per noi.
Non sono deboli, nessuno di loro lo deve pensare. […] Non dite mai che non ce la potete fare, non è vero. Io ho sperimentato sulla mia pelle quanto l’uomo sia capace di lottare per rimanere attaccato alla vita. Non appoggiatevi a nessuno. Dovete trovare la forza in voi stessi per andare avanti e raggiungere i vostri obiettivi, superando le difficoltà. E non bisogna neppure pensare che la colpa di quel che ci accade sia degli altri. […] Ognuno di noi è fortissimo e responsabile di sé stesso. Semmai possiamo aiutare gli altri a rendersene conto. Dobbiamo camminare nella vita, una gamba davanti all’altra. Che la marcia che vi aspetta sia la marcia della vita e non della morte.
Cap. 9, min 15:20
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Conclusione
Questo libro della Senatrice Segre non può essere raccontato da queste brevi citazioni. L’esperienza vissuta dalla giovane Liliana e raccontata in “Scolpitelo nel vostro cuore” deve diventare una lettura consigliata per tutti gli adolescenti e gli adulti di questo secolo. E deve diventarlo adesso, che la Senatrice è per fortuna ancora in vita. Poi – quando della sua voce rimarrà solo questo libro, insieme alla sua attività politica e ai suoi inestinguibili inviti alla vita, troveremo ancora altri modi per tenere presente la memoria di ogni genocidio. Perché la storia non si ripeta ancora.
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